Rino,
la mattina di giovedì 2 giugno 2005, era partito da Milano verso le ore
7.30. Non era un orario da partenza intelligente, come usualmente si sente
definire dall'emittente Isoradio, ma effettivamente, se tutti avessero
seguito lo stesso consiglio contemporaneamente, il problema del traffico si
sarebbe spostato semplicemente di fascia oraria. Qualcuno, quindi, per forza
non doveva seguire i consigli di Isoradio per far andar bene le cose.
Rino
pensò così di dover appartenere, per quel viaggio, alla categoria
dei disubbidienti. Caricò il poco bagaglio sull'auto e partì insieme alla
moglie Delia. Era proprio lei che aveva suggerito al marito di partire
quella mattina, ascoltando, la sera precedente alla radio, le notizie
preoccupanti inerenti il traffico diretto verso le riviere liguri.
Alla barriera di Milano Rino
osservò, con una certa preoccupazione, le code dirette ai varchi
predisposti al ritiro dei biglietti. Azzerò però immediatamente questa sua
prima preoccupazione perché la certezza di essere un possessore di telepass
lo faceva sentire diverso dalle persone già incolonnate ai varchi di
ingresso dell’autostrada. Passò contento
il varco libero ed accelerò bruscamente dopo il
secondo beep del telepass. Percorse speditamente diversi chilometri ma ben
presto constatò che la velocità, su entrambe le corsie, iniziava drasticamente ad
abbassarsi. Era passata ormai un’ora e pensò che avrebbe dovuto trovarsi
già ad Ovada secondo le statistiche consolidate del viaggio così spesso
ripetuto, mentre in realtà si trovava ancora a Castelnuovo Scrivia.
La preoccupazione iniziava
a crescere dentro di lui, perché sapeva bene che se doveva incontrare un
problema di traffico, il punto più probabile poteva essere nei pressi di
Voltri. Arrivò ad Ovada ma erano passate già due ore e mezzo e
l’andatura a singhiozzo lo stava mettendo a dura prova. Tentò il sollievo
dell’autogrill ma fu una vera delusione. I TIR erano posteggiati oltre i
limiti a loro consentiti a causa del divieto di circolazione imposto per
l’intera giornata e trovare un posteggio era impossibile. Accelerò e pensò
che l’autonomia della sua auto e del suo fisico poteva consentirgli di
continuare il tragitto ancora per un po’.
Ma
la velocità si stava riducendo ulteriormente e solo verso le ore 11 poté tentare
la pausa presso l’autogrill del Turchino. La coda era indescrivibile alle casse
ed ai bagni, ma il sollievo di avercela fatta a posteggiare e di essere
riuscito ad entrare nell’autogrill non gli consentì di notare il disagio.
Era
conscio che aveva pagato molto come stress nel percorrere quei 120
chilometri, ma non osava pensare cosa poteva trovare nei pressi dei caselli
di Varazze e Celle Ligure. Era meglio non pensarci e ripartire. In colonna a
passo d’uomo insieme alla moglie iniziò allora il gioco della corsia che va più
veloce. È un gioco antico secondo il quale si può partecipare
solo se l’autista dell’auto è in vivo contrasto con il passeggero
accanto circa la corsia di marcia più veloce. Se manca questa condizione è
bene provare successivamente quando i tempi sono maturati a causa dello stress
accumulato sino a quel momento. Ma per Rino ed Delia i tempi erano già
quelli giusti. Le corsie di marcia in quel punto dell’autostrada erano
tre, tutte ben incolonnate, ed i partecipanti erano solo due. Peccato perché
le potenzialità del gioco non erano sfruttate al massimo, ma si poteva
giocare egualmente.
Rino
si lanciò subito esordendo che la migliore corsia era quella di sorpasso, Delia, a quel punto, non doveva far altro che scegliere tra le altre due corsie ed essendo
notoriamente molto ponderata nelle sue scelte, optò per quella centrale
secondo il famoso detto che in mezzo sta la virtù. All’inizio stava
vincendo Rino che sottolineava un ottimo vantaggio sul camper con il delfino blu
disegnato. La moglie incassò l’insuccesso, ma a breve poté rifarsi: non
solo il camper aveva recuperato la posizione ma aveva largamente superato la
loro auto. Rino, allora, cambiò immediatamente la corsia, ma se ne pentì subito
perché la corsia che aveva appena lasciato iniziava nuovamente a guadagnare
in velocità; iniziò così ad imprecare in napoletano.
Un
metro alla volta, senza mai riuscire ad inserire la seconda marcia,
arrivarono ad Arenzano. Erano le 13.30. Affaticati per l’incredibile
viaggio avevano smesso di giocare ed Delia iniziò a pensare che forse,
sofferenza per sofferenza, sarebbe stato meglio mettersi in coda la
sera precedente: almeno era più fresco. Arrivarono a Varigotti alle 14.45.
Le condizioni fisiche erano all’estremo. Ma non erano ancora finita. Delia
era scesa davanti al bar Varicottis, il poco bagaglio era stato
portato in casa, ma rimaneva l’ultimo problema: dove mettere l’auto. Per
chi è poco pratico del luogo posso dire che la soluzione fu il rettilineo a
ponente di Varigotti in
prossimità della vecchia colonia Cremasca, praticamente a pochi metri dal
porticciolo di Finale Ligure.
Ma anche questa prova venne superata.
Dopo
essersi ripresi in parte dal disumano viaggio, scesero presso lo
stabilimento balneare di cui erano clienti, (i bagni Chiara) dove non
poterono far a meno di raccontare con amarezza ai loro amici, tra i quali io
stesso, la loro avventura. Rino parlava disinvolto, riuscendo a scaricare
la tensione del viaggio, assaporando, dopo ore, la bellezza di un dialogo al
di fuori dell’abitacolo della propria auto. In breve fu attorniato da diversi
clienti presenti nei bagni, che iniziarono a raccontare a loro volta, le
disavventura del loro analogo viaggio da Milano a Varigotti. Per farla breve
venne fuori che qualsiasi fosse stata la fascia oraria, la mattina stessa o
la sera precedente, la media oraria di percorrenza sarebbe stata di circa 7 ore. Tutto
sembrava confermato. Rino si rilassò pensando che comunque non ci
sarebbe stata soluzione più furba per arrivare in quei giorni a Varigotti
da Milano. Ma questa convinzione, purtroppo, durò pochi minuti, perché di lì a
poco entrò nel bel mezzo della discussione Fabio, scapolone convinto, che
era partito da Milano alle 18.05 direttamente dal suo ufficio, senza passare
a casa a prendere famiglia, bagaglio ed eventuali animali domestici al
seguito. Era arrivato così a Varigotti alle 20.15: un vero successone, ma gli
convenne sparire in fretta, notando che gli altri interlocutori non avevano
gradito quell’intervento.
Passarono
tutti quanti tre giorni di vacanza terrorizzati però dal fatidico rientro
della domenica successiva. Parlando con alcuni di questi amici ho raccolto
da ognuno di loro la convinzione che sarebbe stato bene partire alle ore 12,
al massimo alle ore 13 di domenica. Ora sto scrivendo in spiaggia questo
racconto, ignorando il mio rientro serale a Genova, ma sto notando che la
colonna di auto al centro di Varigotti è già ferma alle ore 14.30. Ed ora
sono curioso, e forse anche voi che avete letto sin qui, di sapere come è
finito il loro viaggio di ritorno da Varigotti a Milano. Avanti allora Rino,
Fabio, Dario e tutti gli altri: inviate quindi le vostre esperienze sul
viaggio di ritorno scrivendo gli orari di partenza e di
arrivo nel forum del nostro sito interattivo www.varigotti.LIGURIA.it.
Marco
C.
PS:
ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti é in parte casuale ed
in parte voluto: un grazie a coloro che mi hanno fornito gli elementi per questo racconto.